21 mar 2015

Fermata #1: la stazione del bimbo smarrito

Immagino che una rapida spiegazione, prima di cominciare a raccontare, sia necessaria. Io abito in provincia di Como, in una piccola città, in una piccola frazione, vicino a campagne e foreste. C'è questo bosco, piccolo e pacifico, a dieci minuti da casa mia. Ci vado spesso per fare esercizio fisico. È stata un'esperienza stupenda, perché ho scoperto il bosco per caso diversi anni fa e man mano, giorno dopo giorno, esploravo una strada nuova. Ho finito per affezionarmi a questo splendido pugno di alberi, a reputarlo mio. Ogni volta che scoprivo il passaggio di qualche estraneo, provavo un profondo senso di fastidio e irritazione. Col tempo ho smesso di visitare il bosco, soprattutto per via dell'inverno.



L'altro giorno ho deciso di visitae il mio boschetto con degli accompagnatori, cosa estremamente rara. Io, Lolly e Caito siamo partiti presto appena dopo pranzo, pronti a vivere una piccola avventura. Il punto è questo, noi viaggiamo troppo con la fantasia, e non facevamo che sperare in un qualche colpo di scena. Immaginate, entriamo nel bosco nello stesso giorno dell'eclissi e, bam!, per qualche motivo ci ritroviamo in un mondo fantasy, dove salveremo l'impero dei buoni e poi, dopo mille peripezie, saluteremo tutte le persone che abbiamo conosciuto mentre pian piano svaniamo per tornare nel nostro universo, e la principessa che si è innamorata di me corre e cade, non riuscendo ad abbracciarmi dato che sono già svanito. Sì insomma, cose del genere, potrebbe accadere di tutto.



Una delle prime cose che ho notato, e che mi ha terribilmente irritato, è la mancanza di tanti alberi. C'erano diversi camion e boscaioli, taglialegna o quella gente lì, con la motosega a raccogliere tronchi. Oltretutto è appena primavera, gli alberi sono ancora spogli, avrei veramente voluto che i miei amici vedessero il bosco nella sua bellezza. Col sole estivo pomeridiano che dà una luce calda e dolce. Invece era tutto spoglio, anche se resta comunque una passeggiata affascinante. 

La cosa che però più mi prendeva era come ci godevamo questo viaggio. Io portavo con me un grosso bastone lungo quanto un braccio, mentre Caito usava una lunga asta per appoggiarsi. Lolly, nella sua borsa, aveva acqua e oggetti utili. Non eravamo altro che tre bambini che giocavano a fare gli eroi fantasy. La nostra meta era la fine del sentiero, dove una volta, tempo fa, mi parve di aver intravisto un edificio, ma gli alberi e le piante erano troppo fitte per permettermi di capire cosa fosse. Camminando parlavamo, e fantasticavamo, e ci immedesimavamo. Ma non nel modo autistico del tipo "ahhh caito tu sei il mago lancia le magie woww eheh", era tutto così naturale, ci limitavamo ad accorgerci delle particolarità narrative del nostro viaggio. Animali, uccelli, paesaggi particolarmente belli, spuntavano in continuazione senza mai sovrapporsi, creando una continuità quasi narrativa. E infatti...

Ci imbattiamo nei binari. Sapevo già che passavano i treni, vicino al nostro percorso, ma la mancanza di alberi già citata ci ha permesso di scoprire una nuova zona, una zona che non avevo mai  visto prima. Rendetevi conto, sono anni, anni!, che giro lì eppure non ne sapevo niente. L'emozione era fortissima, e la prima cosa che abbiamo detto è "esploriamo". Ma voi vi starete chiedendo, cosa c'era da esplorare? In fondo non sono che binari. Il punto è che abbiamo trovato un piccolo edificio completamente abbandonato lì. Una costruzione in culo ai lupi sul serio, dato che la città più vicina è a tre quarti d'ora di cammino.
Non so, la cosa era affascinante. Volevamo sapere assolutamente cosa ci fosse dietro, soprattutto perché, in quanto sognatori, speravamo con tutto il cuore di imbatterci in una fantastica avventura. Oppure in un tremendo incubo, dato i piccoli particolari che abbiamo trovato. Una delle prime cose che abbiamo notato è la vecchia recinzione che circondava malamente la casa.

Ricoperta di muschio, distrutta, malandata ma tremendamente affascinante. Io ero spiazzato perché mai, dico mai, potevo immaginare ci fosse qualcosa del genere nella "mia zona". Investigando abbiamo scoperto che qualche tempo fa ci ha vissuto un qualche barbone, ma questo quantomeno ce lo aspettavamo. La cosa più interessante è il dettaglio che ho tenuto apposta per ultimo.
Abbiamo trovato delle scarpe e un cappello da bambino, perfettamente allineate, come potete vedere nella foto. Ora voi lettori viaggiate con la fantasia quanto noi, quindi immaginate quanto fossimo gasati. Perché? Non era un caso, non era per distrazione, era fatto apposta. Perché scarpe da bambino, probabilmente usate? Perché allineate in questo modo, col berretto? Nell'edificio c'erano birre e pacchetti di sigarette, ci avrà vissuto un uomo per qualche giorno, di certo non un bambino. E allora questo cosa significa?
È rimasto un mistero affascinante che ci siamo lasciati alle spalle. Chissà, se la nostra storia è davvero un gran romanzo allegorico, allora prima o poi lo scopriremo.

Siamo anche riusciti a fare una foto panoramica niente male, grazie al cellulare strafigo di Caito. Lasciandoci alle spalle questa zona continuiamo il cammino verso la nostra meta, con meno colpi di scena ma con la presenza di elementi entusiasmanti, animali che cantano lontani, ostacoli che ci bloccano la strada, stratagemmi per superarli, e anche uno splendido ruscello. Lolly è riuscita anche a farci un piccolo video, così potete sentirne il dolce suono.

https://instagram.com/p/0fSxY0lobr/

La sensazione che ho provato nel momento in cui siamo arrivati alla meta era strana. Insomma, non era un granché. Semplicemente un cartello che spiegava la flora e la fauna della zona. Dietro c'erano delle abitazioni, ma non ci siamo spinti oltre. È stato bello arrivare, non per quello che abbiamo trovato alla fine, ma per il fatto che la fine sia arrivata. Il viaggio di ritorno è stato veloce e pacifico, ci siamo seduti un paio di volte nel bel mezzo del bosco a chiacchierare e osservare il paesaggio. Ogni tanto passava un uccello dalla coda lunga, Lolly dice che erano gazze. In lontananza si vedeva uno specchio d'acqua immenso nascosto dall'erba, ci siamo chiesti se valesse la pena sprofondare nello stagno per sapere cos'era nascosto lì, tra gli alberi.

E quindi? Cos'è che abbiamo fatto alla fine? Non è stata altro che una stupida passeggiata nei boschi. Ma anche se esteticamente eravamo tre ragazzi che camminavano con dei rami, da un punto di vista puramente narrativo eravamo tre avventurieri in viaggio per la prossima città. Non è quello che facciamo ad avere un significato, è ciò che proviamo.



Vi lascio un'ultima foto di me e i miei compagni sui binari a fare i ganzi, che chi non mi ha su Facebook non può vedere. Spero di essere riuscito a intrattenervi in qualche modo, perché ho intenzione di cercare posti nuovi da esplorare con i miei companion, e nuove, semplicissime avventure da vivere e raccontare.

1 commento:

  1. L'ho riletto ancora ,___,

    "Non è quello che facciamo ad avere un significato, è ciò che proviamo."

    Voglio vivere altre avventure come questa.

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